I lobbisti continuano a entrare in Parlamento senza farsi notare

La Camera ha approvato le prime regole nel 2016, ma i controlli sono limitati. Il Senato ha ancora meno trasparenza, i ministeri vanno in ordine sparso
Ansa
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Incontrano parlamentari, ministri e sottosegretari. Frequentano i corridoi di Camera e Senato e rappresentano gli interessi delle aziende di molti settori, dall’energia alla sanità. Sono i cosiddetti “rappresentanti di interessi”, meglio noti come “lobbisti”. Questo nome deriva da lobby, che in inglese vuol dire “loggia”, ed è usato per indicare chi, pur non essendo un parlamentare e non avendo incarichi di governo, influenza le decisioni politiche promuovendo dentro e fuori le sedi istituzionali gli interessi dei soggetti per cui lavorano.

Insomma, i rappresentanti di interessi possono influenzare le decisioni che ricadono sulla vita di milioni di cittadini. Complici alcuni scandali e situazioni poco chiare, negli anni il termine “lobbista” ha assunto nel dibattito politico un significato soprattutto spregiativo, a scapito di chi fa questo mestiere in modo trasparente. In Italia tutto è reso poi più complicato dal fatto che non esistono regole chiare su questo settore e mancano i controlli.

Come si fa il lobbista

Il compito dei rappresentanti di interessi è molto generico: esporre ai politici un determinato problema in un particolare ambito. «Di base, se inteso correttamente, il nostro lavoro è quello di presentare ai decisori politici l’attività e gli interessi delle aziende e dei settori per cui lavoriamo. Poi i politici decidono se darci ascolto e prendere provvedimenti in una determinata direzione», ha spiegato a Pagella Politica un’ex consulente di una società di rappresentanza di interessi, che oggi lavora per una grande azienda e ha preferito rimanere anonima. In altre parole, il lobbista fa un’attività informativa: «I politici non possono sapere tutto di qualsiasi cosa: se siamo credibili, sono loro stessi a chiamarci quando hanno bisogno di avere informazioni su una determinata questione». 

Dunque, di per sé l’attività del lobbista non è un qualcosa di negativo, anzi: fa parte del dialogo tra la politica e le varie realtà sociali, dalle aziende alle associazioni di categoria. Allo stesso tempo, però, i rappresentanti di interesse possono esercitare una forte influenza sulla politica, e alcuni sfruttano questo potere in modo poco trasparente. «Ognuno interpreta il suo lavoro a proprio modo: c’è chi fa le cose in maniera chiara e presenta semplicemente gli interessi dell’azienda, altri promettono favori per poter parlare con un politico e ottenere in cambio qualcosa. A mio parere, alla lunga questo atteggiamento non paga, perché ne va della nostra credibilità», ha aggiunto l’ex consulente.

Le regole alla Camera e al Senato

Gli incontri tra i politici e i rappresentanti di interesse possono avvenire sia fuori sia all’interno delle istituzioni: alla Camera, al Senato o nei ministeri. 

La Camera ha regolato la presenza dei rappresentanti di interessi per la prima volta nel 2016, adottando un registro pubblico con l’elenco di tutte le realtà e i soggetti che svolgono l’attività di lobby all’interno di questo ramo del Parlamento. Chi vuole accedere alla Camera per svolgere l’attività di rappresentante di interesse deve registrarsi su una piattaforma e ottenere un permesso. Si possono iscrivere sia aziende sia singole persone per conto di società che svolgono unicamente il lavoro di rappresentanza di interessi. Al momento le società iscritte al registro sono 361, le persone iscritte singolarmente sono 88. Tra gli iscritti al registro ci sono importanti società farmaceutiche come Bayer, multinazionali del tabacco come Philip Morris, aziende pubbliche italiane come Ferrovie dello Stato, associazioni di categoria come Federalberghi e realtà impegnate nel sociale come l’Associazione Luca Coscioni ed Emergency. 

Una volta ottenuto l’accredito, i rappresentanti di interesse possono accedere alla Camera e incontrare i politici in un’apposita sala, che si trova al termine di un lungo corridoio alla sinistra dell’aula, poco dopo l’entrata della Galleria dei presidenti. La Galleria dei presidenti è un corridoio dove alle pareti si trovano i ritratti di tutti i presidenti della Camera dal Regno d’Italia a oggi. All’interno della sala dedicata agli incontri tra i deputati e i rappresentanti di interessi ci sono computer da cui è possibile seguire le dirette delle sedute parlamentari.
Immagine 1. La Galleria dei presidenti alla Camera dei deputati – Fonte: Camera dei deputati
Immagine 1. La Galleria dei presidenti alla Camera dei deputati – Fonte: Camera dei deputati

Un sistema lacunoso

Le regole che si è data la Camera valgono solo fino a un certo punto. «Nella pratica la sala per i rappresentanti di interessi alla Camera è a nostra disposizione solo durante la discussione della legge di Bilancio», ha spiegato l’ex consulente. «Nel momento in cui inizia la discussione della legge di Bilancio ci arriva una mail da parte della Camera in cui veniamo avvisati che possiamo registrarci per accedere alla sala, e allora ognuno può fare la sua richiesta di accesso». Il resto dell’anno gli incontri tra politici e rappresentanti di interessi avvengono per lo più in altre sedi della Camera: «Di solito prendiamo contatti con il parlamentare o con i suoi collaboratori. Loro ci accreditano direttamente per entrare alla Camera e li incontriamo nei loro uffici oppure direttamente nella Galleria dei presidenti. Di fatto l’unica limitazione è non incontrarli in Transatlantico». 

Il Transatlantico è l’ampio salone che separa l’aula della Camera dal cortile interno, ed è il luogo dove i deputati si incontrano tra loro o con i giornalisti tra una seduta e l’altra.
Immagine 2. Il Transatlantico all’interno della Camera dei deputati – Fonte: Camera dei deputati
Immagine 2. Il Transatlantico all’interno della Camera dei deputati – Fonte: Camera dei deputati
Ogni anno le società e le persone iscritte al registro dei rappresentanti di interessi devono presentare una relazione in cui dichiarano i nomi dei deputati con cui hanno avuto incontri, senza però dare informazioni sul numero e sulla durata di questi incontri. Per esempio secondo la relazione più recente, nel 2022 i rappresentanti di interessi di Philip Morris hanno incontrato cinque deputati: due della Lega, uno di Forza Italia, uno del Partito Democratico e uno di Liberi e Uguali. Questi, è bene precisarlo, non corrispondono necessariamente a tutti gli incontri avuti tra Philip Morris e politici, perché le relazioni considerano solo le riunioni avvenute all’interno della Camera, ma non altri eventuali incontri esterni. 

Il sistema di accredito e di registrazione per i rappresentanti di interessi della Camera è comunque aggirabile: i controlli interni sono meno serrati di come dovrebbero. «Io sono collaboratore parlamentare ma, oltre a questo lavoro, fuori dalla Camera faccio anche il rappresentante di interessi per una società di consulenza», ha raccontato a Pagella Politica un collaboratore di un deputato, che ha preferito restare anonimo. I collaboratori parlamentari assistono deputati e senatori nel loro lavoro, preparando per esempio i discorsi e gli emendamenti. Spesso per le scarse tutele economiche sono costretti a sommare più lavori o collaborazioni. «Io accedo alla Camera con il permesso da collaboratore parlamentare. Quando entro seguo i lavori del mio parlamentare, ma siccome i controlli arrivano fino a un certo punto, se volessi potrei anche parlare con altri deputati e magari fare la mia attività di lobbista, pur non essendo iscritto al registro. Alla fine dipende tutto dall’etica del singolo», ha spiegato. 

Al Senato c’è ancora meno trasparenza rispetto alla Camera. Come hanno confermato fonti del Senato a Pagella Politica, qui è previsto un sistema di accredito e di permessi per i rappresentanti di interessi, ma non esiste un registro pubblico sul sito del Senato. Non è dunque possibile avere informazioni sull’attività dei lobbisti in questo ramo del Parlamento.

I ministeri in ordine sparso

I rappresentanti di interessi non operano solo alla Camera e al Senato. «Gran parte del lavoro dei rappresentanti di interessi si svolge ormai nei ministeri: chi vuole promuovere un’azienda e i suoi interessi punta sempre di più al governo, perché è lì che si prendono le decisioni che contano», ha detto a Pagella Politica un’ex parlamentare della precedente legislatura, che oggi lavora in Parlamento per una società di consulenza e monitoraggio parlamentare.  

Nei ministeri la situazione è più caotica rispetto al Parlamento. In base alle verifiche di Pagella Politica, tra i 15 “ministeri con portafoglio”, ossia quelli che hanno autonomia di spesa, una minoranza ha un registro per la trasparenza sull’attività dei rappresentanti di interessi sono cinque: il Ministero dell’Agricoltura, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Ministero della Cultura e il Ministero dell’Università e della Ricerca. Gli altri dieci ministeri non hanno una sezione del loro sito dedicata ai rappresentanti di interessi: si tratta del Ministero degli Affari Esteri, quello dell’Interno, quello dell’Economia, quello della Difesa, quello della Giustizia quello dell’Ambiente, quello del Lavoro, quello dell’Istruzione, quello della Salute e quello del Turismo.

Tentativi falliti

La regolazione e la trasparenza dell’attività dei rappresentanti di interessi è al centro del dibattito politico da diversi anni. Finora il Parlamento non è ancora riuscito ad approvare una legge per introdurre norme uniche a livello nazionale. Nel 2013 il governo Letta aveva iniziato l’esame preliminare di un disegno di legge per regolare il settore. L’esame preliminare è la fase in cui il governo esamina per la prima volta un provvedimento, riservandosi poi di approvarlo in una fase successiva, ossia l’esame definitivo. A luglio 2013 il disegno di legge sui rappresentanti di interessi non superò l’esame preliminare del governo, complice una serie di dubbi sulla legge. 

Negli ultimi anni sono state presentate varie proposte di legge in Parlamento, in particolare dai partiti di centrosinistra e dal Movimento 5 Stelle. Nella scorsa legislatura la Camera era riuscita ad approvare una proposta frutto dell’unione di tre testi: uno a prima firma di Marianna Madia (Partito Democratico), uno di Francesco Silvestri (Movimento 5 Stelle) e uno di Silvia Fregolent (Italia Viva). Tra le altre cose, il testo della proposta approvata prevedeva la creazione di un unico registro nazionale dei rappresentanti di interessi, con all’interno l’agenda dettagliata degli incontri intrattenuti con i politici. Il compito di sorvegliare il registro sarebbe stato affidato all’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), un organismo indipendente che vigila sul rispetto delle regole di mercato in Italia. Dopo essere stata approvata alla Camera, la proposta è passata al Senato, ma non è stata approvata in via definitiva, complice la fine anticipata della legislatura.

La volta buona?

Fino a oggi in questa legislatura sono state presentate nove proposte di legge tra Camera e Senato: tre sono state depositate da parlamentari del Movimento 5 Stelle, due del Partito Democratico, due di Italia Viva, una di Azione e una di Alleanza Verdi-Sinistra. Questi testi sono tutti molto simili e ricalcano quello approvato dalla Camera nella scorsa legislatura. Al momento né la Camera né il Senato hanno iniziato l’esame di queste proposte. 

A marzo 2023, alla Camera è stata istituita un’indagine conoscitiva da parte della Commissione Affari costituzionali per approfondire il tema dei rappresentanti di interessi. Le indagini conoscitive sono procedure che permettono alle commissioni di acquisire notizie, informazioni e documentazioni su materie di loro competenza. In concreto, queste indagini consistono di solito in un ciclo di audizioni che può durare alcuni mesi. Al termine di questo ciclo viene approvato un documento conclusivo, che però non comporta necessariamente la presentazione di una proposta di legge. 

Secondo Silvia Fregolent, oggi senatrice di Italia Viva, l’istituzione di un’indagine conoscitiva rischia di ritardare l’esame delle proposte presentate sul tema. «A mio parere non è più il tempo delle indagini conoscitive, delle audizioni e dei convegni. Approfondire e conoscere è sempre un bene, ma di audizione sul tema ne sono state fatte tante nella scorsa legislatura, non vorrei che questa indagine conoscitiva sia un tentativo di allungare i tempi per non arrivare a una conclusione», ha detto a Pagella Politica Fregolent, che da anni si batte per una legge sulla trasparenza dei rappresentanti di interesse. «Non c’è assolutamente la volontà di affossare le proposte di legge, anzi. L’indagine conoscitiva ha coinvolto tanti esperti e professori universitari, con l’obiettivo di approfondire le varie proposte di legge presentate negli anni», ha risposto a Pagella Politica il presidente della Commissione Affari costituzionali Nazario Pagano, deputato di Forza Italia. «Che senso avrebbe esaminare proposte vecchie, che non hanno mai avuto successo? Dopo Pasqua gli esperti ci invieranno le loro conclusioni e da lì partiremo per formulare un testo senza “bandiere” politiche e il più possibile condiviso con tutti, che punti tra le altre cose a istituire un registro nazionale degli operatori», ha aggiunto. 

L’istituzione del registro nazionale non convince tutti. «Il registro può essere utile, perché può essere una “vetrina” per chi lavora in modo trasparente, ma bisogna che ci sia una convenienza a iscriversi, come per esempio obbligare i politici a interfacciarsi solo con persone iscritte al registro. Se io mi iscrivo perché ho a cuore la trasparenza, ma mancano i controlli e ci sono persone che lo aggirano, che convenienza avrei a iscrivermi?», si è domandata l’ex consulente.

Che cosa succede all’estero

A livello europeo la Francia ha approvato nel 2016 una legge contro la corruzione che contiene norme sulla trasparenza dell’attività dei rappresentanti di interessi, mentre la Germania ha approvato una legge nazionale sui lobbisti nel 2021. In Spagna la situazione è simile a quella italiana, dato che non esistono ancora norme nazionali sui lobbisti. A novembre 2022 il governo spagnolo guidato da Pedro Sánchez ha presentato una proposta di legge sul tema, ma finora non è stata approvata

Il Parlamento europeo ha un registro con l’elenco di tutti i rappresentanti di interesse che hanno il permesso per accedere nella struttura ed entrare in contatto con i parlamentari. Quest’ultimi devono pubblicare nella loro pagina personale sul sito del Parlamento europeo tutte le riunioni che hanno avuto con lobbisti nelle sedi europee. Di recente questo sistema è stato messo in discussione dopo il cosiddetto “Qatargate”, un’inchiesta in cui sono stati coinvolti alcuni parlamentari europei accusati di aver ricevuto denaro e regali in cambio della difesa degli interessi del Qatar.

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