Perché si sta parlando delle nomine nei ministeri

I massimi vertici delle burocrazie ministeriali possono essere modificati dal governo Meloni: come funziona lo spoils system all’italiana
Andrea Ronchini/Pacific Press via ZUMA Press Wire
Andrea Ronchini/Pacific Press via ZUMA Press Wire
Negli ultimi giorni sta facendo discutere l’idea del governo guidato da Giorgia Meloni di sostituire alcuni dirigenti dei ministeri e di altri organi dello Stato. Per esempio, il 4 gennaio il governo ha rimosso dal suo ruolo, in attesa di trovare un sostituto, Nicola Magrini, direttore generale dell’Agenzia nazionale del farmaco (Aifa), l’agenzia controllata dal Ministero della Salute che si occupa del controllo dei farmaci in Italia. 

Diversi politici dei partiti di opposizione hanno criticato il governo per queste scelte, accusandolo sostanzialmente di voler nominare figure di parte ai vertici dei ministeri, secondo il principio del cosiddetto spoils system

In realtà lo spoils system è una pratica diffusa da tempo nella politica italiana e negli ultimi vent’anni è stata regolata anche da alcune leggi. Vediamo che cos’è e quali sono le persone che il governo Meloni sta pensando di sostituire.

Di che cosa stiamo parlando

Lo spoils system è una prassi nata negli Stati Uniti fin dalla metà dell’Ottocento, in base alla quale gli alti dirigenti della pubblica amministrazione vengono sostituiti in blocco al cambiare dei governi.

Nel corso degli anni Novanta, sul finire della cosiddetta “prima repubblica”, il termine spoils system è entrato anche nel linguaggio politico italiano, per definire l’abitudine dei governi di nominare personalità di fiducia ai vertici dello Stato e delle società da esso controllate. Il 26 gennaio 1990, per esempio, il quotidiano La Stampa parlava di «spoils system all’italiana» riferendosi alle nomine dell’allora sesto governo guidato da Giulio Andreotti (Democrazia cristiana). Quest’ultimo aveva sostituito diversi dirigenti di società pubbliche nominati dal suo predecessore Ciriaco De Mita, anch’egli membro della Democrazia cristiana, ma appartenente alla corrente di sinistra del partito, diversa da quella di Andreotti.
Immagine 1. L’articolo sulle nomine del sesto governo Andreotti pubblicato da La Stampa il 26 gennaio 1990. Fonte: Archivio storico La Stampa
Immagine 1. L’articolo sulle nomine del sesto governo Andreotti pubblicato da La Stampa il 26 gennaio 1990. Fonte: Archivio storico La Stampa
Lo spoils system degli alti dirigenti dei ministeri, come per esempio i direttori generali, di cui si sta discutendo in questi giorni, è stato regolato dalla legge intorno agli anni Duemila. 

I direttori generali dei ministeri svolgono diverse funzioni fondamentali, tra cui l’attuazione dei piani, delle direttive e dei programmi stabiliti dal ministro a cui rispondono. Sono insomma il vertice della struttura ministeriale, incaricato di eseguire le decisioni politiche. Vengono nominati con un decreto del presidente della Repubblica, dopo una delibera del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro competente.

A maggio 2001, un decreto legislativo del governo guidato da Giuliano Amato ha stabilito (art. 19, comma 8) che tutti gli incarichi di dirigente generale, di segretario generale dei ministeri e dei vertici di tutte le altre strutture che prevedono un direttore generale possono essere confermati, revocati o modificati entro tre mesi dal giorno in cui un nuovo governo otteneva la fiducia. Se l’esecutivo non approvava modifiche in questo arco di tempo, gli incarichi si consideravano rinnovati. In altre parole, questa norma dava la possibilità a ogni nuovo governo di sostituire i vertici dei ministeri entro tre mesi dal proprio insediamento, altrimenti i dirigenti sarebbero stati automaticamente riconfermati. 

Un anno dopo, nel 2002, la norma è stata modificata dal secondo governo guidato da Silvio Berlusconi. Secondo le nuove modifiche, gli incarichi di tutti i dirigenti generali, dei segretari generali dei ministeri e dei vertici di tutte le strutture che prevedono un direttore generale (come per esempio l’Aifa) cessano automaticamente (art. 3, comma 8) dopo tre mesi dal giorno in cui un nuovo governo ha ottenuto la fiducia. Questa è la norma attualmente in vigore: in sostanza, dopo tre mesi dalla nascita, ogni governo deve per forza rivedere gli incarichi ai vertici dei ministeri, decidendo se confermare o sostituire i dirigenti.

Le nomine in ballo

Un esempio al centro delle cronache di questi giorni è Alessandro Rivera, attuale direttore generale del Tesoro. Quest’ultimo è il dipartimento del Ministero dell’Economia e delle finanze che si occupa di attuare la politica economica del governo. Rivera è stato nominato direttore generale nel 2018, all’epoca del primo governo guidato da Giuseppe Conte, su proposta dell’allora ministro dell’Economia e delle finanze Giovanni Tria. Negli anni successivi, Rivera è stato poi confermato sia dal secondo governo Conte che dal governo Draghi. Al momento, secondo diverse fonti stampa, il governo Meloni sta pensando di rimuoverlo definitivamente dall’incarico, come fatto nei giorni scorsi con Magrini. 

Secondo quanto riportato dai quotidiani, il governo sta valutando la possibilità di sostituire altri direttori generali e altre figure ai vertici dei ministeri. Tra questi, ci sono per esempio Francesco Soro, attuale direttore generale del Ministero per le Imprese e il made in Italy (il nuovo nome del Ministero dello Sviluppo economico) e il dirigente del ministero della Giustizia Alessandro D’Ancona. Secondo il Corriere della Sera i dirigenti coinvolti nello spoils system del governo Meloni sono complessivamente una quarantina. Questo numero è stato sostanzialmente confermato anche dal ministro della Difesa Guido Crosetto in un’intervista a Repubblica il 4 gennaio. 

Il nuovo esecutivo sta comunque procedendo anche ad altre sostituzioni. Il 3 gennaio, il governo Meloni ha nominato il senatore Guido Castelli (Fratelli d’Italia) come nuovo Commissario straordinario per la ricostruzione post terremoto del centro Italia del 2016, in sostituzione di Giovanni Legnini, che è stato dunque rimosso dall’incarico. Questa sostituzione non rientra però in senso stretto tra quelle dovute al cosiddetto spoils system che, come detto in precedenza, riguarda i direttori generali, i segretari generali dei ministeri e i vertici di tutte le strutture che prevedono un direttore generale.

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